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Un singolo viaggio può cambiare per sempre la vita di un uomo? La risposta è sì.
Nel 1952 un giovane laureando in medicina, Ernesto Guevara, insieme ad un amico Alberto Granado, a bordo di una Norton 500 M18, soprannominata “La Poderosa”, attraversa tutta la costa occidentale dell'Americadel Sud. I due amici partono dalla natia Argentina per giungere fino in Venezuela. Uno dei due giovani oggi è conosciuto in tutto il mondo col nome di Che Guevara, simbolo della rivoluzione cubana, icona di intere generazioni di uomini.
Da questa semplice, ma al contempo meravigliosa, esperienza di vita, il giovane Ernesto Guevara scrisse un diario di viaggio che sarà fonte ispiratrice per il libro “I diari della motocicletta”.
Nel 2004 il libro diventa un film, presentato al festival di Cannes. La pellicola diretta dal bravo regista Walter Salles,non sarà certo un capolavoro per fotografia o sceneggiatura, ma di certo è ricca di contenuti e ci mostra,in maniera magistrale, la lentae costante trasformazione che porterà il giovane Ernesto Guevara a diventare il comandante Che Guevara.
I diari della motocicletta è anche il racconto di una grande amicizia:pochi soldi, nessun luogo prestabilito dove dormire, il tempo non esiste,una motocicletta, ma anche a piedi e con i più disparati mezzi di fortuna. I due giovani partono alla scoperta di luoghi, persone e situazioni, vedono la povertà, attraverso un giro lungo otto mesi: Argentina, Cile, Perù, Colombia e Venezuela. Buona parte del viaggio viene trascorsa in Perù dove,abbandonata la motocicletta, i giovani prendono una zattera per navigare le acque del Rio delle Amazzoni edarrivare fino ad Iquitos, nel Perù del Nord. Qui visitano il lebbrosario, sperduto nella foresta. Una visita che cambierà per sempre il loro modo di vedere la vita.
La maestria di Salles emerge nel non aver fatto cadere la pellicola su toni politici o esageratamente nostalgici, il film è decisamente un road-movie, un'avventura verso la libertà, un racconto fatto di musica e di incontri lungo la strada. I giovani riconoscono nel vento sul viso e nella polvere delle strade il gusto tipico della libertà. Entrambi assorbono le immagini dei panorami come esperienze necessarie al loro vivere futuro. Per usare una metafora, il viaggio è la fuga dalla caverna, intesa come il percorso che allontana da casa. Man mano che i due amici si addentrano nel cuore del continente americano,lasciandosi alle spalle le ville ordinate della buona borghesia argentina, alla quale loro stessi appartengono, la realtà che si presenta davanti ai loro occhi si fa sempre più dura e la narrazione si sviluppa in toni meditativi. Da questo momento gli incontri si imprimononella memoria come foto in bianco e nero; l’esplorazione dell'identità di un continente coincide dunque con la scoperta della propria identità individuale, in un racconto semplice e potente che fonde le dimensioni personali e collettive con grande naturalezza della narrazione. Ernesto, visitando i luoghi delle antiche civiltà sudamericane, in particolare degli Incas, si chiede se si può avere nostalgia di qualcosa che non si è conosciuto di persona o vissuto. In questa constatazione si nasconde una grande rivelazione:sì, si può avere nostalgia anche di ciò che non si è vissuto.
Stupendo messaggio di riflessione sul vero senso della vita: esplorare e conoscere chi siamo stati per capire meglio oggi chi siamo e domani chi diventeremo.
"Non è questo il racconto di gesta impressionanti. E' un segmento di due vite, raccontato nel momento in cui hanno percorso, insieme, un determinato tratto, con la stessa identità di aspirazioni e sogni"
Ernesto Guevara de la Serna 1952