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“Alla ricerca di Z la città perduta” è stato best seller del New York Times, tradotto in venticinque lingue, vincitore dell’Indies Choise Award per il miglior libro di non fiction del 2009. Con queste premesse, semplicemente dico: Avventurieri correte in libreria a comprarlo!
L’autore David Grann è riuscito, in maniera magistrale, a raccontare come nessun altro la storia di Percy Harrison Fawcett, l’ultimo, grande, esploratore vittoriano. Definito anche la versione british di Indiana Jones, Fawcett all’inizio del novecento compie una serie di esplorazioni nella foresta amazzonica, ossessionato dalla ricerca di El Dorado. Si imbatte in tribù armate di frecce velenose, combatte contro coccodrilli, giaguari, pirana, anaconda e insetti mortali. Nel 1925, durante l’ultima missione, scompare. Nessuno saprà cosa ne sia stato di lui. Molte spedizioni si sono susseguite, invano, alla ricerca dei suoi resti. Molti scrittori e non solo hanno cercato di ricostruire la storia di questo grande esploratore, ma nessuno come Grann è riuscito a descriverne la storia in maniera più semplice ed avvincente.
Il racconto tiene legato lo scrittore come fosse un thriller. Fawcett si lancia con un entusiasmo arcigno e sprezzante di ogni debolezza alla scoperta dell’Amazzonia, alimentando progressivamente fino ad un’ossessione che lo condurrà alla morte la ricerca dei resti di una civiltà perduta che sulle sue mappe corrisponde al criptico nome di Z. Nel suo muoversi armato di machete e cieca fiducia in se stesso e nella sua missione Fawcett si troverà davanti le più disparate tribù indie che abitano l’Amazzonia riuscendo a farsi di loro un’idea tutt’altro che scontata e “da manuale”. Riuscirà ad imparare i loro dialetti e farsi apprezzare anche dagli indios più inclini alla guerra, ma il mito di Z, l’El Dorado di tanti altri che nella sua ricerca ci persero la vita, lo consumerà fino a trascinare nel suo ultimo viaggio anche il figlio Jack, suo pupillo e simulacro. In molti, rapiti dalla figura fantastica del colonnello si misero sulle sue tracce: alcuni tornarono indietro scavati dalle malattie e dalla consunzione; altri furono ingoiati dalla foresta, seppelliti lungo i greti dei fiumi, mangiati dalle tribù cannibali o morti per i colpi letali delle frecce avvelenate degli indios. Fallirono tutti e quel fallimento alimentò esponenzialmente il mito e la leggenda di Fawcett.
Il passare del tempo non ha sbiadito il ricordo di uno tra i più grandi esploratori del Novecento, tantomeno ha diminuito il numero di coloro i quali si sono fatti smuovere dal desiderio di scoprire che fine abbia fatto il colonnello e svelare finalmente il mistero che avvolge la mitica civiltà di Z. Non da ultimo David Grann, giornalista del New Yorker, poco incline al movimento ma che, fulminato a sua volta dalle gesta mirabolanti dell’ultimo grande imperatore vittoriano, decide di mettersi sulle sue tracce. Non è chiaro in che modo classificare questo lavoro di Grann a metà tra il resoconto storico, il romanzo e un libro di avventura alla Jules Verne. Non è un racconto di un viaggio ma di un'ossessione per un viaggio.