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"Ho intitolato questo libro 'India segreta' perché racconta un'India che per migliaia d'anni è rimasta nascosta a occhi indagatori. Mi sono fatto strada attraverso una folla di sciocche superstizioni e di sedicenti fachiri allo scopo di sedermi ai piedi di autentici saggi e imparare là, di prima mano, i veri insegnamenti dello Yoga, utilizzando il metodo dell'indagine diretta. La vita spirituale dell'India esiste ancora ed io ho cercato di fornirne un'autentica testimonianza".
Paul Brunton 1898-1981
Paul Brunton nacque a Londra nel 1898. Il suo nome di battesimo era Raphael Hurst. Intraprese la carriera di libraio e poi di giornalista, pubblicando articoli usando vari pseudonimi, fra cui quello di Paul Brunton, che poi adotterà in seguito per tutta la vita. Fu anche editore di giornali di argomento spirituale. Negli anni trenta, desiderando seguire la sua vocazione per la ricerca, cominciò a viaggiare verso oriente per trovare quelle radici della spiritualità che l’occidente poco o niente gli offriva. Armato di entusiasmo e di una buona dose di scetticismo, nel suo diario di viaggio troviamo la vivida descrizione di personaggi e luoghi straordinari e il resoconto di suggestive esperienze, che non mancano di operare una profonda trasformazione nell’autore stesso.
La curiosità è la spinta principale che spinge l’autore ad inoltrarsi nell’India più nascosta, capire cosa c’è dietro gli uomini chiamati yogi e fachiri da altri, chi sono i cosiddetti santoni che hanno la fama di aver acquisito saggezza e strani poteri.
India segreta è il resoconto di questo viaggio. Esso parla di un'India che per migliaia di anni è stata celata alle indagini dell'Occidente e che viene ora messa a disposizione del lettore attraverso un'analisi accurata e sincera. Nel diario di viaggio di Paul Brunton troviamo una vivida descrizione di personaggi e luoghi straordinari, come pure di suggestive esperienze che non mancarono di operare una profonda trasformazione nell'autore stesso, grande ricercatore della Verità.
Paul Brunton (1898 – 1981) è un autore che ha riscosso discreto successo in Italia negli anni a cavallo dell’ultima guerra mondiale, ma oggi poco noto, benché di recente siano stati ristampati due suoi libri.
Pensatore visionario, mistico o meglio contemplativo e filosofo, ha dedicato gran parte della sua non breve vita, a cercare di costruire ponti fra oriente e occidente.
È stato anche il primo scrittore occidentale a scrivere di Ramana Maharshi, il grande mistico dell’India del Sud, in un’epoca in cui questi non era ancor noto al grande pubblico nemmeno nel suo paese. Nel suo libro racconta di incontri con esponenti più o meno autentici della tradizione indiana, e se occorre dire, a onor del vero che parecchi di questi guru e santoni lo delusero, due incontri furono particolarmente significativi per la sua ricerca ulteriore: quello con lo Shankaracarya del monastero di Kanchi, l’abate successore di Shankara alla guida del Math di Kanchi, e con Ramana Maharshi. L’incontro con Ramana Maharshi, svoltosi in quasi completo silenzio, in meditazione, gli lasciò uno stato di profonda quiete, ed una impressione che non sarebbe mai più svanita: una vera e propria iniziazione. Paul Brunton contribuì in maniera considerevole alla diffusione della conoscenza di Ramana Maharshi, non solo in occidente, ma perfino nella sua stessa terra: l’India.
Scopo fondamentale di Brunton era all’epoca quella di introdurre il lettore occidentale alla nozione di realtà spirituale, e ciò mentre continuava a seguire il proprio iter di crescita interiore.
Gli individui contemporanei sono troppo condizionati a credere nella realtà del mondo esterno per rigettarlo a favore della semplice fede nell’unica realtà del Brahman. Se il concetto della Non-Dualità deve essere presentato alle menti moderne, riprendeva PB, ciò deve essere fatto per mezzo di argomenti razionali che conducano all’unità ultima dietro l’apparente dualità del soggetto e del mondo, in un modo che soddisfi il moderno atteggiamento scientifico.
Brunton rispose alla prima delle questioni di cui sopra introducendo un concetto utile come intermediario fra il finito umano e l’Assoluto: egli coniò per esso un nuovo termine: Overself.
In risposta alla seconda questione poi, formulò una dottrina idealistica della percezione e dei fenomeni che chiamò mentalismo. Per mezzo di questa sua dottrina del mentalismo egli intendeva spiegare la Non-Dualità, riducendo soggetto e oggetto, in un modo assolutamente razionale, all’unica stoffa, di cui entrambi erano fatti: la Mente.
Overself (che io traduco il Sé superiore, o il Sé tout court) è il termine che Brunton usava per designare l’intima essenza immortale dell’essere umano, il punto in cui noi entriamo (o meglio siamo) in contatto col Divino, o ciò che egli chiamava la Mente-Mondo. Questa consapevolezza divina è nascosta nel cuore di ogni essere, ed è una Presenza Universale, la cui realizzazione, o svelamento, come sfondo costante della vita di ogni giorno è il compito di colui che cerca l’autorealizzazione.
Brunton descrive con un linguaggio chiaro, mai banale, né tedioso i suoi incontri con vari personaggi, tra loro accomunati da un alone di mistero e di ascetismo. Tra un dialogo e l’altro, si riescono a visualizzare l’ambientazione dei vari incontri, i paesaggi circostanti con templi risalenti a diverse epoche storiche, i colori e le genti di un’India del XX secolo. Il viaggio reale si intreccia con il viaggio alla ricerca del Sé ed è questo l’elemento centrale che rende questo libro carico di suggestioni, che aiutano a capire un Paese in cui si respira sempre una profonda sacralità.