L’alpinismo è l’arte di percorrere le montagne affrontando i massimi pericoli con la massima prudenza.
Renè Daumal
Bello, entusiasmante, adrenalinico, ma soprattutto vero. La caratteristica principale di questo film documentario è infatti la veridicità, non solo perché è una storia vera, ma perché il protagonista, l’alpinista Daniele Nardi, è l’autore di molte delle immagini del film. 
La bravura del regista, Federico Santini, è stata quella di tenere la pellicola sempre su toni alti e mai banali. Per oltre un’ora si resta incollati allo schermo, l’elevato tasso adrenalinico ed i continui punti di riflessione rapiscono lo spettatore. L’avventura come stile di vita, il pericolo come pane quotidiano, ma il rispetto per la vita al di sopra di tutto. 
Il film “Verso l’ignoto” racconta i tre anni di spedizioni che il protagonista, l’alpinista Daniele Nardi, ha dedicato alla famosa montagna killer, il Nanga Parbat 8126mt, in Pakistan. Scalarla in pieno inverno, in stile alpino, senza ossigeno, ripercorrendo la via tracciata oltre un secolo fa, da Albert Frederick Mummery, l’inventore dello stile alpino, sono le basi con le quali Daniele affronta la più grande avventura della sua vita. Crepacci, freddo, vento ad oltre 150km/h e pendenze estreme sono i nemici principali da affrontare durante la scalata. Nella prima spedizione Daniele è accompagnato dall’alpinista francese Elisabeth Revol. Il tentativo fallisce, essere esperti non basta per scalare in pieno inverno il Nanga Parbat, ci vuole altro, e i due alpinisti lo capiscono a loro spese. Daniele non rinuncia e l’anno seguente, accompagnato questa volta dall’italiano Roberto Delle Monache, ritenta la scalata. Il nuovo compagno non riesce però a supportare pienamente Daniele e durante la scalata la paura prende il sopravvento. Continuare da solo o mollare? Questo il dilemma che attanaglia Daniele. L’alpinista non ci pensa due volte ed affronta il gigante da solo, mettendo in gioco tutto se stesso, ma durante la salita, mentre affronta lo sperone Mummery,  ad oltre seimila metri di altitudine, capisce che da solo non può farcela.
“Scommettere fino al limite della vita, scommettere fin dove si può”. La tragica conclusione della spedizione del suo ispiratore, Albert Frederick Mummery, risuona forte nella mente di Daniele e conscio di andare incontro ad una morte certa torna indietro. Riprendendo le parole del suo mito Daniele lascia un biglietto lungo le rocce:  “Da solo ed in pieno inverno è impossibile con mezzi leali” . 
L’emozione è forte e nonostante la montagna neghi la vetta a Daniele lui è felice! Capisce che la vita è più importante di qualunque cosa ed essere un vero esploratore significa sapere riconoscere i propri limiti. Il confronto con se stessi, con la natura e con la montagna sono l’obiettivo principale.
Ma le sorprese non finiscono e quando la spedizione sembra ormai finita,  al campo base arrivano due alpinisti: il pakistano Ali Sapdada e lo spagnolo Alex Txikon. L’inesauribile Daniele ritrova energie e nuovi stimoli e nonostante la neve ed il brutto tempo riparte nuovamente. L’abbondante neve ha però completamente ricoperto le corde fisse, la salita adesso è quasi impossibile, ma pazienza e perseveranza sono le virtù dei forti ed allora dopo aver atteso alcuni giorni, torna il bel tempo. A 7200mt di altitudine Daniele intravede la vetta e ripensa ai tanti sacrifici fatti per arrivare fino a lì. Il traguardo è vicino, sembra fatta, manca davvero poco, ma in montagna si sa, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e si può cantare vittoria solo quando si poggia il piede in vetta. 
 E’ l’errore umano ha negare la vetta al team,  sbagliano la giusta via, ed a quelle altitudini può essere fatale. Stanchi e senza più energie, decidono saggiamente di tornare indietro.   questo punto del film la fotografia è eccezionale: panorami mozzafiato accompagnati da musiche evocative, creano emozioni forti nello spettatore
Un racconto che è sì di sopravvivenza, un racconto che vuole indagare sul rapporto di amore e odio tra l’uomo e la natura, ma che soprattutto si rivela essere l’attento ritratto di un ragazzo che insegue il suo grande sogno, ma che nel momento di scegliere tra la probabile morte e la vita, sceglie la seconda. 
E’ un film che  non si dimentica per giorni e giorni, grazie ad una combinazione di elementi che ne fanno un racconto davvero entusiasmante. La bravura del regista Santini è stata quella di rendere  estremamente movimentato un film che si svolge quasi interamente in un unico e angusto luogo, alternando momenti drammatici ad altri più sereni e riuscendo a tirar fuori una prestazione che calamita lo spettatore. Un film che si lascia guardare immergendo lo spettatore nel tipo di viaggi che portano anima e corpo ad una nuova consapevolezza di sé e del mondo. L’esplorazione di una montagna coincide dunque con la scoperta della propria identità individuale, in un racconto semplice e potente che fonde le dimensioni personali e collettive con grande naturalezza.

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Vado verso il Capo. la traversata dell'Africa

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